19 mag 2009

Parigi

Sentimento contrastante, staro' probabilmente via da Parigi più di quanto non abbia mai fatto prima, se tutto va bene dovrebbero essere quattro cinque mesi.
Una storia d'amore di quelle "non posso stare senza di te, ma neanche assieme a te".
I ricordi vanno al '93 quando ci sono arrivato, dopo due anni di lavoro a Milano; volevo fare il poeta e invece stavo in un ufficio, mi dicevo TS Eliot dopotutto era un agente delle assicurazioni.
93, 94, 95 eccetera, senza dubbio alcuno gli anni più belli e emozionanti della mia vita: arrivato qui, fresco di studi, mi son trovato una sorta di soffitta piccolissima ma che aveva una terrazzina da cui vedevo tutta la città, il fraternizzare con un gruppo di colleghi di dieci nazionalità diverse tutti con pochissimo interesse nel lavoro e un gran interesse nella vita, divenuti naturalmente in fretta gli amici più cari. I weekend in carro a vela sulle spiagge della Manica, quelli in barca, le notti di letture, le gite a destra e sinistra, le cene dall'uno e dall'altro, feste, nuovi incontri ogni giorno, sei sette film alla settimana: si usciva dal lavoro alle sei e cominciava una nuova esistenza a duecento all'ora. I viaggi di smarrimento in solitario con lo zaino in spalla.
Un po' alla volta le persone partivano, altre ne arrivavano, per un po' la magia è durata.
Oggi siamo tutti sparsi qua e là, tranne io che sono rimasto qui e forse comincio ora ad allontanarmi. Cercare di.
Non che lui mi piaccia un granché, tutt'altro, ma Hemingway una bella frase l'ha scritta "Se si è stati cosi' fortunati da vivere da giovani a Parigi, poi ovunque si vada nel resto della vita, ce la si porta sempre dietro, perché Parigi è una festa mobile". Magone.
Eppure ci sono tanti aspetti che vivendoci dentro la rendono intollerabile: la scontentezza amara di gran parte delle persone con cui si hanno i contatti casuali, la tensione e la violenza palpabile, costante -naturalmente non fisica, troppe persone in lotta contro il mondo intero, in perenne necessità di affermarsi calpestando anche la più elementare educazione, insomma mi vien da condividere quando dicono Parigi è bellissima, peccato ci siano i parigini. Poi dipende un po' da cosa si cerca, ma un conto è viverci da giovane spensierato, un conto da "padre di famiglia". Ogni tanto me ne dimentico ma sono un padre di famiglia.

La stanchezza della città dipende un po' anche da me, ormai mi ci sento talmente "a casa" che mi fa ritornar fuori l'atavico bisogno di sentirmi sempre altrove, di ricercare un altro luogo da percepire come Altrove il più a lungo possibile, di sentirmi straniero nei luoghi dove mi trovo, un passaggio quanto più invisibile possibile nel mondo esterno del momento.
Come no, poi la mattina si dice buongiorno col sorriso a Mme Charles che apre la porta della scuola di Bora, o alle Céline (sono due) che tengono Tea all'asilo, l'ovatta riprende il sopravvento. Forse le cose devono andare cosi'.
"Una vita è troppo poco" dice il sergente di Mediterraneo, anche se la vita è bellissima e si è strafelici manca sempre il tempo, bisognerebbe poter vivere tre quattro volte per fare tutto quello di cui si ha voglia, ma chissà se basterebbe..

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