19 ago 2010

Un po' di comare, va'

Una delle consuetudini fra equipaggi che parlano la stessa lingua è quella dello scambio dei libri.
Ah tenete, abbiamo questo e questo, che libri avete voi ?

Molti uffici dei porti hanno un angoletto simile, una bacheca dove ci sono libri che possono essere presi e portati via, con il tacito impegno di sostituire ogni libro preso con un altro, una specie di baratto-center delle giovani marmotte.

Sarebbe anche un'idea carina, ma urca si direbbe che i gusti letterari moderni vadano in una direzione ben specifica.
Ci è stato offerto:
"Il pianto di Mariolina dopo essersi accorta che Antonio la tradisce"
"Io, lei, l'altro"
"Lo strangolatore di topi e i gatti che gli rubano il lavoro"
"All'ombra del castagno nascevano i porcini"
"Galli, polli, faraone, quaglie e tacchini nell'economia avicola dell'Aveyron".
Potremmo prenderli tutti, aprire un banchetto alla stazione FS di Amberiago e venderli tutti in dieci minuti.

Potevamo proporre come scambio un "Aujourd'hui maman est morte. Ou peut-être hier, je ne sais pas", farà altrettanto ridere ma bon, si è meritato un Nobel quindi a chi vuoi che piaccia; oppure "i viaggi di Ibn Battuta", edizione araba antica scovata grazie ai consigli di Andrea eminente arabista, grazie al cielo con traduzione a fianco, oppure l'ultima edizione di una bellissima guida di viaggio delle Canarie:

"Queste isole di Canaria sono sette: quattro abitate da cristiani, cioè Lanzarotta, Forte Ventura, la Gomera e il Ferro; tre sono de idolatri, cioè la Gran Canaria, Teneriffe, la Palma.
Non hanno vini né formenti, se d’altre parti non ve n’è portato; pochi frutti, né quasi niuna altra cosa buona hanno.
Gli abitanti di queste quattro isole soggette a’ cristiani sono canarii, e sono differenti di linguaggio e poco s’intende l’un con l’altro; le quali isole non hanno alcuno luogo murato, salvo villaggi, ma hanno ridotti nelle montagne, per esser quelle altissime, e passi molto forti, che tutto il mondo non gli pigliaria salvo che per assedio.
Le altre tre, abitate da idolatri, sono maggiori e molto meglio abitate, e spezialmente due, cioè la Gran Canaria, che fa da circa otto in novemila anime, e Teneriffe, che è maggior di tutte tre, che si dice aver da quattordici in quindecimila anime; la Palma fa poca gente, è bellissima isola a vedere. Le qual tre isole, per esser abitate da molta gente da difesa, con montagne altissime e luoghi pericolosi, quali sono forti, non si hanno mai potuto subiugar da’ cristiani. De Tenariffe, che è la piú abitata, è da farne menzione, che è una delle piú alte isole del mondo, e vedesi con tempo chiaro un grandissimo cammino.
... e fanno alle volte fra loro guerre, ammazzandosi come bestie. Non hanno altre armi che pietre e mazze a modo di dardi, e alla punta mettono un corno aguzzo in luogo di ferro; le altre che non hanno corno sono abbruciate nella punta, e fassi quel legno duro come ferro, e con quello offendono. Vanno sempre nudi, salvo che alcuni pur si mettono certe pelli di capra, una davanti l’altra di drieto; e ungonsi la carne di sevo di becco composto con sugo d’alcune loro erbe, che ingrossa la pelle e defende dal freddo, benché poco freddo regni in quelle parti, per esser verso l’ostro. Non hanno case di muro né di paglia: stanno in grotte o sia in caverne di montagne. Vivono d’orzo e di carne e latte di capra, di che ne hanno abbondanzia, e di alcuni frutti, spezialmente di fichi; e per esser il paese molto caldo, raccolgono le sue biade del mese di marzo e d’aprile. Non hanno fede, ma adorano alcuni il sole, altri la luna e altri pianeti, e hanno nuove fantasie di idolatria. Le femmine sue non sono communi, ma a ciascuno è lecito pigliarne quante vuole; e non torriano femmine vergini se prima non dormissero col signor suo una notte, e questo lo reputano grande onore.

E se mi fusse detto come si sa queste cose, rispondo che gli abitanti delle quattro isole de’ cristiani hanno per costume, con alcune loro fuste, andar ad assaltar queste isole di notte per pigliar di questi Canarii idolatri, e alle volte ne prendono maschi e femmine e li mandano in Spagna a vendere per schiavi. E intraviene che alle fiate rimangono presi alcuni delle fuste, i quali detti Canarii non fanno morire, ma fannoli ammazzar capre e scorticarle e far carne, che tengono per vilissimo officio, e per dispregiarli, e li fanno far fino a tanto che si possino scodere. Hanno detti Canarii un’altra usanza, che quando li signori suoi entrano nuovamente nella signoria, alcuno si offerisce voler morire per onorar la festa. E vengono tutti ad una certa valle profonda, dove, dapoi fatte certe sue cerimonie e dette alcune parole, quel tale che vuol morire per amor del signore si getta giuso in quella gran valle e fassi in pezzi: e dipoi quel signore riman obligato a far grandissimo onore e beneficio alli parenti del morto. Questo costume brutto e bestiale vien detto esser cosí, e li cristiani che sono scossi di preson l’affermano.
Ancora questi Canarii sono uomini sutti e gran corridori e saltatori, per esser avezzi in quei brichi di quelle isole piene di montagne: e saltan di sasso in sasso discalzi come caprioli, e fanno salti che non sono da credere. Ancora tirano dretto e fortemente una pietra, sí che percuotono dove vogliono, e hanno sí fatto braccio che a pochi colpi fanno uno scudo in mille pezzi. Dinotandovi che io viddi un Canario cristiano nell’isola di Madera, che si obbligava a pegno dare a tre uomini dodici naranzi a cadauno, e lui ne voleva prendere altri dodici, e si obbligava ferir cadauno di loro con li suoi dodici naranzi, in modo che niuno anderia a fallo e che mai alcun di loro non lo toccaria con alcuno delli suoi, salvo che nelle mani per volersi con quelle riparare, e che non si approssimassero a lui ad otto o vero dieci passa: e non si trovò chi volesse stare al pegno, perché ciascuno cognosceva che ‘l faria meglio di quello che ‘l diceva. Sí ch’io concludo che i piú destri e piú leggieri uomini che siano al mondo è la progenie di costoro. Ancora sanno dipingersi, cosí maschi come femmine, le carne sue con sughi d’erbe verdi, rossi e gialli, e tengono che simili colori siano una bella divisa, faccendone oppenione come facciamo noi delle belle veste. Io Alvise fui in due di dette isole di Canaria, cioè nell’isola Gomera e nel Ferro, che sono de’ cristiani, e anche all’isola della Palma, ma in questa non dismontai per seguir il nostro viaggio.



Notevole eccezione, la barca di Pierre (un altro Pierre), un etap38, dove abbiamo scovato "Tristes tropiques", qualche testo di Albert Londres, "L'Afrique fantôme" di Leiris (o forse gliel'abbiamo dato noi).

Comunque, scusate la caduta di gusto, i gusti son gusti.

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