31 ott 2011
26 ott 2011
Controllore protezione galvanica fai da te
O come controllare con qualche decimo di euro (decimo, non decina) se gli zinchi messi in barca funzionano davvero oppure no.
L'amico Negofol ha redatto un articolo interessante su come farsi da sé un controllore di protezione galvanica, il testo originale è qui:
http://www.plaisance-pratique.com/mesures-de-controle-en-protection
Ho provato a fare lo stesso, ecco la descrizione.
Brevemente, quando due metalli diversi sono immersi in una soluzione conduttrice (tipo acqua di mare) fra di essi si sviluppa una corrente elettrica dal metallo più elettronegativo verso quello più elettropositivo.
Per proteggere i metalli immersi della barca usiamo tutti degli anodi, generalmente in zinco per le barche di plastica.
Il principio è semplice: per proteggere il metallo immerso elettronegativo, lo collego elettricamente ad un altro metallo ancora più elettronegativo, che quindi si "consuma" al suo posto. Meglio che scompaia poco a poco un anodo di zinco che non una pala dell'elica per esempio.
Il principio del controllo consiste proprio nel determinare il grado di elettronegatività esistente fra i nostri metalli immersi.
Per fare cio' è necessario un comune voltmetro con una scala che arrivi a indicare i millivolt: i multimetri digitali in genere vanno benissimo, il mio ha una scala da 0 a 2volt e funziona bene.
Uno dei due cavetti del tester dovrà andare a toccare i vari pezzi metallici immersi, l'altro cavetto dovrà essere collegato ad un elettrodo di riferimento anch'esso immerso.
Il potenziale elettrochimico standard dei metalli viene misurato rispetto ad un elettrodo a idrogeno, nell'acqua di mare viene usato generalmente un elettrodo Ag/AgCl (argento-cloruro di argento), che ha un potenziale di + 0.22249 volt rispetto a quello a idrogeno. Tali elettrodi si possono comperare dai venditori di strumenti di misura, costano dai 30-40 euro fino a qualche centinaio a seconda della durata dello stesso.
Ma elettrodi Ag/AgCl sono anche per esempio quelli usati in medicina per elettrocardiogrammi, eccetera; proprio quelli con un lato adesivo per la pelle e dall'altro un contatto per il filo che va allo strumento.
Costano pochissimo (3-4-5 euro per qualche decina di pezzi) proprio perché possono essere utilizzati per un periodo di tempo breve (dopo la placcatura metallica se ne va), e con qualche precauzione possono essere utilizzati per misurare il potenziale dei metalli immersi della barca.
La misura deve essere effettuata tramite il voltmetro messo in una scala che arrivi ai millivolt: la sonda nera del voltmetro deve essere messa in contatto con l'elettrodo immerso nell'acqua, mentre la sonda rossa viene utilizzata per "toccare" i vari metalli nella barca.
In pratica, visto che i due cavetti delle sonde del voltmetro sono corti, bisognerà dotarsi di prolunghe di filo elettrico di vari metri. Da un lato l'elettrodo deve essere calato in acqua (1/3 del pescaggio sembra un valore corretto), il filo deve risalire in barca fino al terminale nero, dall'altro lato del tester la punta rossa/positiva deve essere in grado di arrivare dentro la barca fino all'asse dell'elica, il supporto dell'albero elica, la chiglia, ecc e quant'altro si voglia controllare. Fate i conti di quanti metri di filo di rame vi ci vogliano; la sezione basta sia 0.5-1mm2.
Come preparare l'elettrodo.
E' fondamentale che la parte che sia in contatto con l'acqua di mare sia esclusivamente l'elettrodo, il collegamento fra elettrodo e filo di rame, nonché il filo di rame stesso devono essere stagni.
Questo è un elettrodo staccato visto dalla parte adesiva. Il pispolino metallico è il sensore che si utilizza; esso è in genere coperto da un gel, lo si puo' togliere o anche lasciare li' (io l'ho lasciato li', fatto qualche misura, poi ho tolto il gel e le misure erano identiche).
In un primo momento ho seguito più o meno il metodo dell'articolo di Negofol: ho preso un coperchio di scatola di fragole e ci ho fatto un buco di diametro uguale a quello del pispolino.
Poi ci ho attaccato sopra l'elettrodo, in modo che il pispolino cadesse proprio sopra al buco:
Poi bisogna effettuare il collegamento con il filo elettrico che andrà fino al tester, ne ho presi 3m dovrebbero bastare
In seguito si sigilla il collegamento:
poi si protegge ancora il tutto con del nastro adesivo che copra tutta la parte spugnosa dell'elettrodo, insistendo bene sul punto dove il filo "entra" dentro al sigillante
girando il pezzo di plastica dall'altro lato quindi apparirà cosi', non so se si vede ma il pispolino è proprio sul buco del pezzo di plastica:
A questo punto si puo' zavorrare il pezzo di plastica con un sasso o qualsiasi altra cosa e calare il tutto in acqua.
Metodo numero due per fare l'elettrodo.
Ho provato a fare in modo più rapido, prendendo una striscia di nastro isolante e facendoci il solito buco di diametro uguale al pispolino, attaccandoci poi sopra l'elettrodo al posto giusto:
dall'altro lato quindi si vede questo; il bianco che appare nel buco è il pispolino.
Poi si ripiega tutto il nastro isolante attorno all'elettrodo e si chiude il tutto, anche qui insistendo sul punto dove il filo entra dentro.
Cosi' galleggia quindi anche qui bisognerà zavorrare con qualcosa per mandarlo a fondo.
Essendo lontano dalla barca, ho fatto qualche prova a casa.
Per imitare l'acqua di mare, un litro di acqua di rubinetto e 5 cucchiaini di sale, sono circa 7g l'uno quindi si raggiunge all'ingrosso la salinità dell'acqua marina.
Da un lato l'elettrodo collegato tramite il suo filo al terminale COM, nero del tester, dall'altro ho immerso alcuni pezzi in vari metalli: toccandoli con il terminale rosso del tester si leggono i millivolt di differenza di potenziale.
Qui c'è solo l'elettrodo immerso:
Per primo un pezzo di tubo in lega leggera, non si vede bene perché purtroppo ho solo due mani ma con una mano tenevo la sonda rossa a contatto con il tubo di alluminio immerso in acqua: lettura del potenziale -770mV
Coltello in ferraccio, un acciaio assolutamente non inox, arrugginisce talmente in fretta che sott'acqua non lo si troverebbe mai ma cosi', ma solo per fare un esempio di altro metallo: -433mV
Spremiaglio -719mV, probabilmente anch'esso in una lega leggera
Cucchiaio in inox Lagostina, +64millivolt, questo sembra molto alto, sembrerebbe un inox specialissimo ma dubito (?)
Cosa ci si fa con queste misure.
da: Atlas Steel Technical Note No. 7 "Galvanic Corrosion"
Questa tavola mostra i potenziali elettrochimici di vari metalli riferiti a un elettrodo a calomelano saturo, tale elettrodo ha un potenziale di +0.2444 rispetto all'elettrodo a idrogeno (standard internazionale) mentre il nostro elettrodo Ag/AgCl da cardiologo è a +0.22249, visto che c'è circa 0.0219v di differenza, diciamo 22 millivolt, basterà togliere 22mV dalle misure fatte per poter utilizzare la stessa tavola.
Per il tipo di misure che si vogliono fare (verificare una protezione adeguata) si possono addirittura tralasciare i 22mV, come si vedrà più avanti.
In pratica cosa dice la tavola: se metto il mio elettrodo in mare e tocco con la spina rossa un pezzo immerso fatto in uno dei metalli della lista, il voltmetro leggerà la differenza di potenziale indicata.
Un metallo si considera sufficientemente protetto quando l'anodo riduce il suo potenziale caratteristico della tabella di un valore compreso fra i 150 e 200millivolt.
Esempio, per un piede di saildrive, quindi un pezzo in lega leggera, *senza* anodo si dovrebbe leggere un valore fra -.75 e -1.0 (tabella sopra), *con* anodo si deve leggere fra -.900 e -1.200; siccome le leghe leggere usate per i piedi sono scelte fra quelle un po' più resistenti alla corrosione quindi meno elettronegative, un potenziale di -900/-1 volt è in genere soddisfacente. Idem per le carene in lega leggera, le leghe sono in genere la 5083 o altre della stessa serie con potenziali di -750mV, quindi con gli anodi bisogna poter leggere attorno a -900-950 mV.
Quando ci sono metalli diversi in contatto, per esempio un asse elica in acciaio inox e un'elica in bronzo, il valore sul quale misurare la protezione è quello più elettronegativo: se l'elica fosse in bronzo all'alluminio (tabella circa -400mV) gli anodi d'elica e/o di asse devono portare il potenziale almeno a -550/600mV.
Se si trovano valori negativi "meno negativi" del dovuto è probabile che gli anodi siano in fin di vita, o troppo piccoli, o con un contatto elettrico con il pezzo da proteggere insufficiente (esempio corrosione, anodi mezzi staccati, ecc).
Se si trovano valori "più negativi" del dovuto, per esempio -1100mv o più, è probabile vi siano correnti vaganti di altro tipo quindi bisognerà cercare altrove. Non tanto quanto la mancanza di protezione, ma la sovraprotezione è comunque nociva.
E' utile scriversi i valori da qualche parte e rifare le misure periodicamente.
Per avere poi una diagnosi più estesa, si possono fare le misure in un primo tempo staccati dal 220 di banchina, poi ripeterle dopo essersi collegati. Idem si possono fare le misure a motore spento, e rifarle una seconda volta a motore acceso. Se i valori non sono assolutamente identici significa che vi sono correnti vaganti che possono essere ancora più insidiose della semplice corrosione galvanica. Negofol dice che si puo' anche controllare la terra del 220v di banchina (a vostro rischio e pericolo): dovrebbe trovarsi fra -400 e -800mV.
Per ora mi sono fatto qualche elettrodo da portarmi dietro, appena torno in barca le faccio l'elettrocardiogramma -.;)
L'amico Negofol ha redatto un articolo interessante su come farsi da sé un controllore di protezione galvanica, il testo originale è qui:
http://www.plaisance-pratique.com/mesures-de-controle-en-protection
Ho provato a fare lo stesso, ecco la descrizione.
Brevemente, quando due metalli diversi sono immersi in una soluzione conduttrice (tipo acqua di mare) fra di essi si sviluppa una corrente elettrica dal metallo più elettronegativo verso quello più elettropositivo.
Per proteggere i metalli immersi della barca usiamo tutti degli anodi, generalmente in zinco per le barche di plastica.
Il principio è semplice: per proteggere il metallo immerso elettronegativo, lo collego elettricamente ad un altro metallo ancora più elettronegativo, che quindi si "consuma" al suo posto. Meglio che scompaia poco a poco un anodo di zinco che non una pala dell'elica per esempio.
Il principio del controllo consiste proprio nel determinare il grado di elettronegatività esistente fra i nostri metalli immersi.
Per fare cio' è necessario un comune voltmetro con una scala che arrivi a indicare i millivolt: i multimetri digitali in genere vanno benissimo, il mio ha una scala da 0 a 2volt e funziona bene.
Uno dei due cavetti del tester dovrà andare a toccare i vari pezzi metallici immersi, l'altro cavetto dovrà essere collegato ad un elettrodo di riferimento anch'esso immerso.
Il potenziale elettrochimico standard dei metalli viene misurato rispetto ad un elettrodo a idrogeno, nell'acqua di mare viene usato generalmente un elettrodo Ag/AgCl (argento-cloruro di argento), che ha un potenziale di + 0.22249 volt rispetto a quello a idrogeno. Tali elettrodi si possono comperare dai venditori di strumenti di misura, costano dai 30-40 euro fino a qualche centinaio a seconda della durata dello stesso.
Ma elettrodi Ag/AgCl sono anche per esempio quelli usati in medicina per elettrocardiogrammi, eccetera; proprio quelli con un lato adesivo per la pelle e dall'altro un contatto per il filo che va allo strumento.
Costano pochissimo (3-4-5 euro per qualche decina di pezzi) proprio perché possono essere utilizzati per un periodo di tempo breve (dopo la placcatura metallica se ne va), e con qualche precauzione possono essere utilizzati per misurare il potenziale dei metalli immersi della barca.
La misura deve essere effettuata tramite il voltmetro messo in una scala che arrivi ai millivolt: la sonda nera del voltmetro deve essere messa in contatto con l'elettrodo immerso nell'acqua, mentre la sonda rossa viene utilizzata per "toccare" i vari metalli nella barca.
In pratica, visto che i due cavetti delle sonde del voltmetro sono corti, bisognerà dotarsi di prolunghe di filo elettrico di vari metri. Da un lato l'elettrodo deve essere calato in acqua (1/3 del pescaggio sembra un valore corretto), il filo deve risalire in barca fino al terminale nero, dall'altro lato del tester la punta rossa/positiva deve essere in grado di arrivare dentro la barca fino all'asse dell'elica, il supporto dell'albero elica, la chiglia, ecc e quant'altro si voglia controllare. Fate i conti di quanti metri di filo di rame vi ci vogliano; la sezione basta sia 0.5-1mm2.
Come preparare l'elettrodo.
E' fondamentale che la parte che sia in contatto con l'acqua di mare sia esclusivamente l'elettrodo, il collegamento fra elettrodo e filo di rame, nonché il filo di rame stesso devono essere stagni.
Questo è un elettrodo staccato visto dalla parte adesiva. Il pispolino metallico è il sensore che si utilizza; esso è in genere coperto da un gel, lo si puo' togliere o anche lasciare li' (io l'ho lasciato li', fatto qualche misura, poi ho tolto il gel e le misure erano identiche).
In un primo momento ho seguito più o meno il metodo dell'articolo di Negofol: ho preso un coperchio di scatola di fragole e ci ho fatto un buco di diametro uguale a quello del pispolino.
Poi ci ho attaccato sopra l'elettrodo, in modo che il pispolino cadesse proprio sopra al buco:
Poi bisogna effettuare il collegamento con il filo elettrico che andrà fino al tester, ne ho presi 3m dovrebbero bastare
In seguito si sigilla il collegamento:
poi si protegge ancora il tutto con del nastro adesivo che copra tutta la parte spugnosa dell'elettrodo, insistendo bene sul punto dove il filo "entra" dentro al sigillante
girando il pezzo di plastica dall'altro lato quindi apparirà cosi', non so se si vede ma il pispolino è proprio sul buco del pezzo di plastica:
A questo punto si puo' zavorrare il pezzo di plastica con un sasso o qualsiasi altra cosa e calare il tutto in acqua.
Metodo numero due per fare l'elettrodo.
Ho provato a fare in modo più rapido, prendendo una striscia di nastro isolante e facendoci il solito buco di diametro uguale al pispolino, attaccandoci poi sopra l'elettrodo al posto giusto:
dall'altro lato quindi si vede questo; il bianco che appare nel buco è il pispolino.
Poi si ripiega tutto il nastro isolante attorno all'elettrodo e si chiude il tutto, anche qui insistendo sul punto dove il filo entra dentro.
Cosi' galleggia quindi anche qui bisognerà zavorrare con qualcosa per mandarlo a fondo.
Essendo lontano dalla barca, ho fatto qualche prova a casa.
Per imitare l'acqua di mare, un litro di acqua di rubinetto e 5 cucchiaini di sale, sono circa 7g l'uno quindi si raggiunge all'ingrosso la salinità dell'acqua marina.
Da un lato l'elettrodo collegato tramite il suo filo al terminale COM, nero del tester, dall'altro ho immerso alcuni pezzi in vari metalli: toccandoli con il terminale rosso del tester si leggono i millivolt di differenza di potenziale.
Qui c'è solo l'elettrodo immerso:
Per primo un pezzo di tubo in lega leggera, non si vede bene perché purtroppo ho solo due mani ma con una mano tenevo la sonda rossa a contatto con il tubo di alluminio immerso in acqua: lettura del potenziale -770mV
Coltello in ferraccio, un acciaio assolutamente non inox, arrugginisce talmente in fretta che sott'acqua non lo si troverebbe mai ma cosi', ma solo per fare un esempio di altro metallo: -433mV
Spremiaglio -719mV, probabilmente anch'esso in una lega leggera
Cucchiaio in inox Lagostina, +64millivolt, questo sembra molto alto, sembrerebbe un inox specialissimo ma dubito (?)
Cosa ci si fa con queste misure.
da: Atlas Steel Technical Note No. 7 "Galvanic Corrosion"
Questa tavola mostra i potenziali elettrochimici di vari metalli riferiti a un elettrodo a calomelano saturo, tale elettrodo ha un potenziale di +0.2444 rispetto all'elettrodo a idrogeno (standard internazionale) mentre il nostro elettrodo Ag/AgCl da cardiologo è a +0.22249, visto che c'è circa 0.0219v di differenza, diciamo 22 millivolt, basterà togliere 22mV dalle misure fatte per poter utilizzare la stessa tavola.
Per il tipo di misure che si vogliono fare (verificare una protezione adeguata) si possono addirittura tralasciare i 22mV, come si vedrà più avanti.
In pratica cosa dice la tavola: se metto il mio elettrodo in mare e tocco con la spina rossa un pezzo immerso fatto in uno dei metalli della lista, il voltmetro leggerà la differenza di potenziale indicata.
Un metallo si considera sufficientemente protetto quando l'anodo riduce il suo potenziale caratteristico della tabella di un valore compreso fra i 150 e 200millivolt.
Esempio, per un piede di saildrive, quindi un pezzo in lega leggera, *senza* anodo si dovrebbe leggere un valore fra -.75 e -1.0 (tabella sopra), *con* anodo si deve leggere fra -.900 e -1.200; siccome le leghe leggere usate per i piedi sono scelte fra quelle un po' più resistenti alla corrosione quindi meno elettronegative, un potenziale di -900/-1 volt è in genere soddisfacente. Idem per le carene in lega leggera, le leghe sono in genere la 5083 o altre della stessa serie con potenziali di -750mV, quindi con gli anodi bisogna poter leggere attorno a -900-950 mV.
Quando ci sono metalli diversi in contatto, per esempio un asse elica in acciaio inox e un'elica in bronzo, il valore sul quale misurare la protezione è quello più elettronegativo: se l'elica fosse in bronzo all'alluminio (tabella circa -400mV) gli anodi d'elica e/o di asse devono portare il potenziale almeno a -550/600mV.
Se si trovano valori negativi "meno negativi" del dovuto è probabile che gli anodi siano in fin di vita, o troppo piccoli, o con un contatto elettrico con il pezzo da proteggere insufficiente (esempio corrosione, anodi mezzi staccati, ecc).
Se si trovano valori "più negativi" del dovuto, per esempio -1100mv o più, è probabile vi siano correnti vaganti di altro tipo quindi bisognerà cercare altrove. Non tanto quanto la mancanza di protezione, ma la sovraprotezione è comunque nociva.
E' utile scriversi i valori da qualche parte e rifare le misure periodicamente.
Per avere poi una diagnosi più estesa, si possono fare le misure in un primo tempo staccati dal 220 di banchina, poi ripeterle dopo essersi collegati. Idem si possono fare le misure a motore spento, e rifarle una seconda volta a motore acceso. Se i valori non sono assolutamente identici significa che vi sono correnti vaganti che possono essere ancora più insidiose della semplice corrosione galvanica. Negofol dice che si puo' anche controllare la terra del 220v di banchina (a vostro rischio e pericolo): dovrebbe trovarsi fra -400 e -800mV.
Per ora mi sono fatto qualche elettrodo da portarmi dietro, appena torno in barca le faccio l'elettrocardiogramma -.;)
Ite anco voi sanza meta, ma da un'altra parte:
Branca branca branca !
22 ott 2011
Ritorno 2012, progetti
Il programma 2012 della barca all'ingrosso è il seguente: partire da Joao Pessoa verso inizio marzo, e arrivare in Bretagna verso fine giugno, climaticamente è il miglior periodo per la traversata di ritorno.
Tragitto diviso in quattro parti:
1. Da Joao Pessoa fino a Trinidad, in sostanza la costa NE dell'America del Sud. Le carte qui sotto danno un'idea
2. Da Trinidad su per le piccole antille (tipo fino St LUcia o giù di li')
3. Traversata sulle Azzorre
4. Azzorre - Bretagna.
Daph e le bambine forse verranno tipo un paio di settimane in Martinica, ma con le vacanze scolastiche a data fissa qui in Francia sembra difficile, al limite faccio io un salto in Europa, boh si vedrà.
Prima tratta quindi Joao Pessoa (il grumo rosso a SE della prima carta) - Trinidad.
All'incirca, partenza primi di marzo, arrivo a Trinidad attorno a fine aprile.
In totale sono circa 2000 miglia. La maggior parte della gente le fa in uno o due pezzi massimo, a me piacerebbe passarci più tempo perché ci sono vari posti carini.
Le possibili distanze intermedie in Brasile sono all'incirca queste:
Joao Pessoa - Natal 80 miglia,
Natal - Fortaleza 250 miglia
Fortaleza - Luiz Correia 230 miglia
Luiz Correia - Belem 500 miglia
Fin qui percorso in acque brasiliane.
Fino a Fortaleza val la pena fare una tirata, magari stop a Natal per fare una partenza "en douceur"; dopo Fortaleza invece ci possono essere varie soste (punta di Jericoacoara -posto meraviglioso, visto via terra), il porto di Camocim, eccetera solo che saranno accessibili o meno a seconda delle condizioni di onda, quindi da vedere li' per li'.
Poco più in là Luiz Correia, sembra si possa entrare abbastanza bene: li' dietro c'è il Delta das Americas, un vastissimo delta fluviale dove magari si puo' andare a dare un'occhiata.
Più in sù -ma accesso difficile- il rio Preguiça con il parco dei Lençois maranhensis (idem visto via terra, indimenticabile), la barra pero' dicono sia fra le più difficili.
Da li', bisognerà informarsi se dalle parti di Belem è tranquillo o no (a parte il povero Blake, è una zona dove fino a qualche mese fa ci sono stati un bel numero di assalti) per farci un salto: Soure un po' a nord e poi Belem. Se tranquillo, da Belem si puo' cercare di passare in uno dei "furos" che tagliano dietro l'isola di Marajo: a Belem il fiume è larghissimo quindi non è che sia belllissimissimo, nei furos invece diventa strettissimo e molto più suggestivo.
Uscita dall'Amazonas dalle parti di Afua, diretti a Kourou in Guyana francese.
Se invece il giro dell'isola di Marajo' da Belem fosse "caldo" si puo' eventualmente tirar dritto su Kourou da Luiz Correia.
Poi ho il progetto "Tre Guyane", che probabilmente devono aver fatto tre barche nella storia ah ah ah: andare a vedere come sono le tre guyane.
Se in quella francese c'è qualcuno di più che ci va, nelle altre due guyane le barche che ci vanno all'anno si contano sulla punta delle dita.
Forse perché è brutto, forse perché ancora non sono state scoperte, insomma c'è da suscitare la curiosità. Su noonsite.com c'è qualcosa, non sembra male.
In ogni caso, approccio conservativo, navigazione fluviale, cartografia poco affidabile quando c'è.
Distanze approssimative:
Belem - Kourou (Guyana Francese) circa 500 miglia
Kourou - Paramaribo (Suriname ex Guyana Olandese) 150-200
Paramaribo - Georgetown (Guyana, ex Guyana inglese) 150-200
I posti dove entrare non sono le capitali ma zone a fianco, ma come distanze siamo li'.
A Kourou c'è la base di lancio dei vettori Ariane quindi se magari fanno un lancio si puo' cercare di arrangiare le date per esserci.
Dalla Guyana Georgetown poi diretto a Trinidad, circa 250 miglia dove devo tirar sù la barca al volo per antivegetativa, anodi eccetera.
Nel complesso Joao Pessoa - Trinidad, il vento puo' essere sostenuto ma in genere vien da dietro, la corrente se la si va a prendere al largo puo' essere molto forte (guardavo le rilevazioni ogni tanto ha punte di quasi quattro nodi, roba da 200-250 miglia al giorno); se si costeggia in genere ce n'è molta meno.
Navigazione conservativa: bisogna cercare di non rompere niente perché in Brasile non c'è niente e importare pezzi è praticamente impossibile.
Marina praticamente non ce ne sono (giusto Fortaleza, carissima), all'ingrosso sempre all'ancora e si fa tutto col gommone (acqua gasolio cibo ecc)
Tocca stare attenti di notte perché ci sono tante barche da pesca, spesso senza luci.
Vari scali saranno determinati dall'onda lunga: a seconda dei casi, se c'è l'onda lunga si dovrà continuare dritti, altrimenti si tenta di entrare.
Insomma non vedo l'ora ,-.)
Ite anco voi sanza meta, ma da un'altra parte:
Branca branca branca !
18 ott 2011
Siamo finiti sul sito Windpilot
Ero andato a guardare il sito di Windpilot per ordinare un pezzo per il timone a vento, e guarda chi ti trovo
Peter ci ha messi sul suo sito (senza neanche una foto del timone a vento):
http://windpilot.com/blog/2011/08/09/sv-brancaleone-roberto-ritossa-ita/
Peter ci ha messi sul suo sito (senza neanche una foto del timone a vento):
http://windpilot.com/blog/2011/08/09/sv-brancaleone-roberto-ritossa-ita/
Ite anco voi sanza meta, ma da un'altra parte:
Branca branca branca !
12 ott 2011
"Carte nautiche" del Pacifico
Alcune foto molto belle tratte da questa pagina appena scoperta:
http://www.laboiteverte.fr/cartes-polynesiennes-de-la-houle-en-bouts-de-bois/
Sono "carte" di navigazione che le popolazioni del Pacifico hanno usato per xmila anni per navigare, le conchiglie rappresentano le isole, i bastoncini diritti le correnti o l'onda lunga, i bastoncini curvi la modifica dell'onda lunga contro le isole.
Carte per trasmettere la conoscenza, non venivano portate in mare.
Tante altre foto qui
http://www.laboiteverte.fr/cartes-polynesiennes-de-la-houle-en-bouts-de-bois/
http://www.laboiteverte.fr/cartes-polynesiennes-de-la-houle-en-bouts-de-bois/
Sono "carte" di navigazione che le popolazioni del Pacifico hanno usato per xmila anni per navigare, le conchiglie rappresentano le isole, i bastoncini diritti le correnti o l'onda lunga, i bastoncini curvi la modifica dell'onda lunga contro le isole.
Carte per trasmettere la conoscenza, non venivano portate in mare.
Tante altre foto qui
http://www.laboiteverte.fr/cartes-polynesiennes-de-la-houle-en-bouts-de-bois/
Ite anco voi sanza meta, ma da un'altra parte:
Branca branca branca !
7 ott 2011
Darwin, Fitzroy, il Beagle e le tempeste
Il flacone da tempesta di Fitzroy
Il nome del brigantino H.M.S. Beagle rievoca immediatamente quello del naturalista George Darwin. Imbarcatosi a bordo per una lunga navigazione, lo studioso inglese ebbe modo di effettuare numerose osservazioni scientifiche e naturali, e condenso’ le sue riflessioni nella nota teoria dell’evoluzionismo.
La fama conquistata da Darwin e la portata rivoluzionaria delle sue teorie furono talmente importanti da offuscare la presenza di un altro importante studioso a bordo del Beagle, forse più interessante per gli appassionati di storia marttima in quanto aveva il non proprio irrilevante ruolo di esserne anche il Capitano.
Robert Fitzroy, divenuto successivamente Ammiraglio, oltre ad essere un eccellente navigatore, era infatti anche un grande appassionato di meteorologia.
Fitzroy non si accontentava pero’ di seguire la consuetudine di qualsiasi capitano di annotare sul libro di bordo i principali elementi meteorologici come direzione e forza dal vento, nuvolosità, pressione atmosferica, temperatura, eccetera, considerati essenzialmente come elementi necessari alla navigazione stimata: da studioso della materia, aggiungeva regolarmente tutta una serie di annotazioni sulla relazione esistente fra l’evoluzione del tempo e le grandezze misurate.
Riportano gli storici che il suo equipaggiamento tecnico, oltre ai soliti cannocchiali, sestanti e cronometri, comprendeva un gran numero di altri strumenti, perlopiu’ riservati ad osservazioni di carattere meteorologico. Barometri, termometri, termometri a bulbo bagnato erano portati in varie quantità: strumenti provenienti da diversi fabbricanti, con diverse caratteristiche, diverse sensibilità, le cui letture venivano annotate, confrontate nel tempo, analizzate.
Ma nel suo bagaglio era compresa anche una cassettina con dentro una fiala di vetro contenente una soluzione trasparente che aveva la dote “miracolosa” di formare un precipitato di consistenza variabile a seconda del tempo previsto: il flacone da tempesta.
Tali fialette erano in uso sulle navi già da molti anni, ma Fitzroy fu il primo a lasciarne memoria scritta nella relazione di viaggio del Beagle.
Nel suo “Libro del Tempo”, pubblicato nel 1863, afferma: “Più di un secolo fa, nel nostro Paese già si confezionavano i flaconi da tempesta. Non ci è dato di sapere chi ne fosse l’inventore, ma si potevano comunque trovare sul London Bridge, nella bottega “All’insegna della lente di ingrandimento”.
Il liquido che riempiva il flacone da tempesta era generalmente composto da una soluzione idroalcolica di nitrato di potassio, cloruro di ammonio e canfora. In condizioni normali la soluzione era trasparente, pero’ di tanto in tanto si potevano osservare delle formazioni cristalline.
“Un liquido trasparente significa tempo sereno, se invece si offusca ci si puo’ attendere pioggia” annota Fitzroy, “la formazione di cristalli sul fondo è presagio di gelo. La presenza di grossi fiocchi bianchi galleggianti significa cielo coperto, o neve in inverno. Se nel liquido appaiono dei piccoli puntini, ci si puo’ attendere nebbia”.
E ancora: “Se si formano delle stelline è probabile che si sviluppino dei temporali; dei filamenti nella parte superiore della fiala indicano vento in aumento, e se il precipitato si accumula lungo un lato specifico del contenitore, ci si deve attendere vento forte dalla direzione opposta”.
Superstizione o realtà ? Strumento scientifico o preparazione alchemica ?
Dal suo lato, dopo averne studiato il comportamento durante le sue navigazioni, il Capitano del Beagle si era finalmente convinto dell’utilità delle fialette magiche.
“Ci siamo portati dietro alcuni flaconi da tempesta sin dal 1825, all’inizio più per curiosità che altro, [...] fino a quando non ci siamo accorti che la miscela chimica presente dentro al flacone cambiava a seconda della direzione del vento, o in presenza di altre cause.”
E Fitzroy tutto era tranne che stregone, tanto che una volta abbandonata la navigazione venne addirittura eletto Presidente della Società Britannica di Meteorologia.
Fra i suoi contributi più importanti, in seguito ad alcune disastrose tempeste a metà Ottocento ed in virtù dell’apprezzamento pubblico per i suoi studi, Fitzroy vinse il mandato ufficiale per istallare in tutti i porti britannici delle piccole stazioni meteorologiche comprendenti termometro, barometro e flacone da tempesta, alle quali vennero aggiunte una serie di utili indicazioni interpretative, di cui venne caldamente raccomandato l’utilizzo a tutta la gente di mare.
Durante una sua conferenza alla Royal Institution nel 1862 egli consiglio’ di preparare previsioni meteorologiche utilizzando barometro, termometro e naturalmente il flacone da tempesta, per poi disseminarle via telegrafo lungo le coste del Regno Unito. Inizialmente scettici, i marinai cominciarono poco a poco a integrare le loro previsioni basate sull’esperienza e sull’osservazione locale con quelle comunicate via telegrafo, e si gettarono cosi’ poco a poco le basi di un sistema di previsione nazionale.
Ancora, il suo “Libro del Tempo” è probabilmente uno dei primi testi di tecnica meteorologica che siano mai stati scritti. A parte le poche paginette dedicate ai flaconi da tempesta, l’autore tratta in modo molto approfondito i vari legami tra andamento della pressione atmosferica, temperatura e tempo osservato a terra e in mare, con considerazioni che spesso mantengono una certa validità ancora oggi.
Fucina di ingegni, il Beagle: uno dei più importanti studiosi di storia naturale che siano mai esistiti, e uno dei precursori della meteorologia moderna.
La fama del flacone da tempesta non rimase confinata alle navi di Sua Maestà: alcuni anni dopo, anche il Capitano Nemo delle 20mila leghe sotto i mari, di Giulio Verne, si accorse di quanto potesse essere utile “La miscela del flacone si decompose a causa dell’elettricità presente nell’atmosfera. Poi scoppio’ la tempesta.”
Ancora oggi, nonostante diversi studi scientifici si siano occupati di questa curiosità, il comportamento della soluzione magica all’interno del flacone rimane in buona parte inspiegato.
Il nome del brigantino H.M.S. Beagle rievoca immediatamente quello del naturalista George Darwin. Imbarcatosi a bordo per una lunga navigazione, lo studioso inglese ebbe modo di effettuare numerose osservazioni scientifiche e naturali, e condenso’ le sue riflessioni nella nota teoria dell’evoluzionismo.
La fama conquistata da Darwin e la portata rivoluzionaria delle sue teorie furono talmente importanti da offuscare la presenza di un altro importante studioso a bordo del Beagle, forse più interessante per gli appassionati di storia marttima in quanto aveva il non proprio irrilevante ruolo di esserne anche il Capitano.
Robert Fitzroy, divenuto successivamente Ammiraglio, oltre ad essere un eccellente navigatore, era infatti anche un grande appassionato di meteorologia.
Fitzroy non si accontentava pero’ di seguire la consuetudine di qualsiasi capitano di annotare sul libro di bordo i principali elementi meteorologici come direzione e forza dal vento, nuvolosità, pressione atmosferica, temperatura, eccetera, considerati essenzialmente come elementi necessari alla navigazione stimata: da studioso della materia, aggiungeva regolarmente tutta una serie di annotazioni sulla relazione esistente fra l’evoluzione del tempo e le grandezze misurate.
Riportano gli storici che il suo equipaggiamento tecnico, oltre ai soliti cannocchiali, sestanti e cronometri, comprendeva un gran numero di altri strumenti, perlopiu’ riservati ad osservazioni di carattere meteorologico. Barometri, termometri, termometri a bulbo bagnato erano portati in varie quantità: strumenti provenienti da diversi fabbricanti, con diverse caratteristiche, diverse sensibilità, le cui letture venivano annotate, confrontate nel tempo, analizzate.
Ma nel suo bagaglio era compresa anche una cassettina con dentro una fiala di vetro contenente una soluzione trasparente che aveva la dote “miracolosa” di formare un precipitato di consistenza variabile a seconda del tempo previsto: il flacone da tempesta.
Tali fialette erano in uso sulle navi già da molti anni, ma Fitzroy fu il primo a lasciarne memoria scritta nella relazione di viaggio del Beagle.
Nel suo “Libro del Tempo”, pubblicato nel 1863, afferma: “Più di un secolo fa, nel nostro Paese già si confezionavano i flaconi da tempesta. Non ci è dato di sapere chi ne fosse l’inventore, ma si potevano comunque trovare sul London Bridge, nella bottega “All’insegna della lente di ingrandimento”.
Il liquido che riempiva il flacone da tempesta era generalmente composto da una soluzione idroalcolica di nitrato di potassio, cloruro di ammonio e canfora. In condizioni normali la soluzione era trasparente, pero’ di tanto in tanto si potevano osservare delle formazioni cristalline.
“Un liquido trasparente significa tempo sereno, se invece si offusca ci si puo’ attendere pioggia” annota Fitzroy, “la formazione di cristalli sul fondo è presagio di gelo. La presenza di grossi fiocchi bianchi galleggianti significa cielo coperto, o neve in inverno. Se nel liquido appaiono dei piccoli puntini, ci si puo’ attendere nebbia”.
E ancora: “Se si formano delle stelline è probabile che si sviluppino dei temporali; dei filamenti nella parte superiore della fiala indicano vento in aumento, e se il precipitato si accumula lungo un lato specifico del contenitore, ci si deve attendere vento forte dalla direzione opposta”.
Superstizione o realtà ? Strumento scientifico o preparazione alchemica ?
Dal suo lato, dopo averne studiato il comportamento durante le sue navigazioni, il Capitano del Beagle si era finalmente convinto dell’utilità delle fialette magiche.
“Ci siamo portati dietro alcuni flaconi da tempesta sin dal 1825, all’inizio più per curiosità che altro, [...] fino a quando non ci siamo accorti che la miscela chimica presente dentro al flacone cambiava a seconda della direzione del vento, o in presenza di altre cause.”
E Fitzroy tutto era tranne che stregone, tanto che una volta abbandonata la navigazione venne addirittura eletto Presidente della Società Britannica di Meteorologia.
Fra i suoi contributi più importanti, in seguito ad alcune disastrose tempeste a metà Ottocento ed in virtù dell’apprezzamento pubblico per i suoi studi, Fitzroy vinse il mandato ufficiale per istallare in tutti i porti britannici delle piccole stazioni meteorologiche comprendenti termometro, barometro e flacone da tempesta, alle quali vennero aggiunte una serie di utili indicazioni interpretative, di cui venne caldamente raccomandato l’utilizzo a tutta la gente di mare.
Durante una sua conferenza alla Royal Institution nel 1862 egli consiglio’ di preparare previsioni meteorologiche utilizzando barometro, termometro e naturalmente il flacone da tempesta, per poi disseminarle via telegrafo lungo le coste del Regno Unito. Inizialmente scettici, i marinai cominciarono poco a poco a integrare le loro previsioni basate sull’esperienza e sull’osservazione locale con quelle comunicate via telegrafo, e si gettarono cosi’ poco a poco le basi di un sistema di previsione nazionale.
Ancora, il suo “Libro del Tempo” è probabilmente uno dei primi testi di tecnica meteorologica che siano mai stati scritti. A parte le poche paginette dedicate ai flaconi da tempesta, l’autore tratta in modo molto approfondito i vari legami tra andamento della pressione atmosferica, temperatura e tempo osservato a terra e in mare, con considerazioni che spesso mantengono una certa validità ancora oggi.
Fucina di ingegni, il Beagle: uno dei più importanti studiosi di storia naturale che siano mai esistiti, e uno dei precursori della meteorologia moderna.
La fama del flacone da tempesta non rimase confinata alle navi di Sua Maestà: alcuni anni dopo, anche il Capitano Nemo delle 20mila leghe sotto i mari, di Giulio Verne, si accorse di quanto potesse essere utile “La miscela del flacone si decompose a causa dell’elettricità presente nell’atmosfera. Poi scoppio’ la tempesta.”
Ancora oggi, nonostante diversi studi scientifici si siano occupati di questa curiosità, il comportamento della soluzione magica all’interno del flacone rimane in buona parte inspiegato.
Ite anco voi sanza meta, ma da un'altra parte:
Branca branca branca !
4 ott 2011
Il tempo e i bambini
Abbastanza in fretta, ci siamo accorti che lo scorrere del tempo per le due figlie praticamente non esisteva, la sensazione di "durata" ancora sembra essere molto molto vaga, vedono il tempo in modo tutto sommato binario.
Esistono due momenti: il momento "siamo appena partiti" e il momento "siamo quasi arrivati".
Ogni tentativo di far riferimento ad una qualche idea di durata è stato un fallimento: ...dobbiamo navigare ancora un'ora... ...domani arriviamo... ...ancora un po'... tutte espressioni che portavano invariabilmente a risentirsi fare la stessa domanda tre minuti dopo: quando arriviamo ?
Rispondendo "siamo appena partiti" invece si tranquillizzavano, ah siamo appena partiti, ok torniamo a giocare; cio' anche dopo tre quattro giorni di navigazione.
Il "siamo quasi arrivati" tocca tenerselo per quando si è in vista, quando si puo' mostrare col dito "ecco andiamo li'". Ok torniamo a giocare.
Tea invece a ogni accensione e a ogni spegnimento di motore (anche in mezzo al mare) è: papà posso aiutarti con l'ancora ?
Esistono due momenti: il momento "siamo appena partiti" e il momento "siamo quasi arrivati".
Ogni tentativo di far riferimento ad una qualche idea di durata è stato un fallimento: ...dobbiamo navigare ancora un'ora... ...domani arriviamo... ...ancora un po'... tutte espressioni che portavano invariabilmente a risentirsi fare la stessa domanda tre minuti dopo: quando arriviamo ?
Rispondendo "siamo appena partiti" invece si tranquillizzavano, ah siamo appena partiti, ok torniamo a giocare; cio' anche dopo tre quattro giorni di navigazione.
Il "siamo quasi arrivati" tocca tenerselo per quando si è in vista, quando si puo' mostrare col dito "ecco andiamo li'". Ok torniamo a giocare.
Tea invece a ogni accensione e a ogni spegnimento di motore (anche in mezzo al mare) è: papà posso aiutarti con l'ancora ?
Ite anco voi sanza meta, ma da un'altra parte:
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