15 ago 2009

Povoa de Varzim

Dopo un breve passaggio a Parigi per portare le due bambine in Italia, di ritorno a Povoa do Varzim.
Avrei voglia di stare sempre qui, è forse uno dei segni che si sta bene, il chiedersi "perché non restare qui"; poi comunque si continua.
Volevo andare via oggi ma la sirena del porto ha cominciato a suonare alle quattro di mattina quindi sono restato a dormire. La sirena suona quando c'è tempesta o quando c'è nebbia, al risveglio vedevo appena le barche nel pontile di fronte.

E' una costa un po' del cavolo, da fuori assomiglia al tratto tra Riccione e Ravenna, tutto piattissimo non ci sono neanche gli ombrelloni a colorare un po' le cose, molto spesso c'è il nebbione, se non c'è nebbia ci pensano le termiche del pomeriggio a movimentare tutto: con la temperatura dell'acqua vicina ai 15-17 gradi (se non c'è upwelling più forte, altrimenti arriva a 12 gradi) e quella della terra vicina ai 30-35 gradi, la brezza non scherza per niente, a mezzogiorno accendono i ventilatori e in un quarto d'ora il vento va a sette, otto, dieci, dodici, nove, tredici, sedici, quindici, diciassette, venti, ventidue, venticinque nodi quasi sempre, spesso ventisette, trentuno, ventinove, trentaquattro, trentacinque, guarda caso proprio per movimentare le cose e pompare adrenalina mentre uno sta entrando in porto.

Alcuni azulejos di Povoa: le raccoglitrici di alghe, la tragedia di febbraio, la barca-segnale che indica il passaggio della barra d'entrata.






I segni in verticale sulla sinistra sono dei simboli celtici. Oppure sono passati quelli di Blair Witch Project e hanno lasciato un ricordino; vai a sapere.








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